Miniera d'asfalto di Monte Renna
- L'area denominata Castelluccio era stata da tempo oggetto d'attenzione da parte di studiosi, interessati alla possibilità di valorizzazione industriale delle rocce asfaltiche ivi esistenti. Che la zona contenesse giacimenti asfaltici era già noto dal 1860, alla luce di rilievi e studi compiuti anche in epoca borbonica. Agli studi erano poi seguite campagne di indagini, di cui la più consistente si deve alla società "Aveline". La zona comprende le miniere a cielo aperto di Castelluccio, in cui il livello di mineralizzazione è superficiale, e la miniera in sotterraneo di Steppenosa. Quest'ultima presenta un ingresso posto in una trincea incassata nella montagna. Il sotterraneo all'interno presenta uno sviluppo in gallerie di 1600 m, tutte tagliate a maglie grossolanamente ortogonali con le volte sostenute da pilastri molto irregolari e di sezione diversa. Sono sovente visibili tracce di piccoli fori, utilizzati per inserire bastoni di legno inumiditi, allo scopo di creare fratture, per cavare più agevolmente la roccia. Le gallerie si sviluppano secondo un unico livello e sono di lunghezza ed andamento piuttosto irregolare, denunciando chiaramente un criterio di coltivazione antiquato e irrazionale. Le gallerie, per quanto approfondite secondo un unico piano, talvolta, per consentire una più agevole asportazione della roccia mineralizzata, sono state abbassate rispetto alla quota generale del sotterraneo, diventando così zone di accumulo delle acque di infiltrazione. In particolare il settore sud-ovest della miniera risulta quasi totalmente invaso dalle acque, che in alcuni punti raggiungono l'altezza di tre metri. Oltre all'ingresso principale la miniera presenta due pozzi. Il primo fungeva da discenderia per gli operai all'inizio del secolo; il secondo veniva utilizzato come pozzo di ventilazione, per permettere il ricambio d'aria all’interno della miniera. Nelle sue immediate vicinanze si trovano coltivazioni in sotterraneo di dimensioni inferiori, come ad esempio la miniera Bocchieri, in cui sono stati ritrovati resti di rotaie e di carrelli.
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